SHEMEKIA COPELAND

Uncivil War
(Alligator Records)

7.5/10 20.11.2020   |   Alberto Albertini
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Quando Shemekia Copeland pubblica un nuovo album, tutti gli amanti della musica americana a stelle e strisce con solide radici ancorate nel blues non possono far altro che apprendere la news con un sorriso a trentadue denti. Il fatto di essere accolta come una notizia estremamente piacevole è dovuto (oltre alla bravura dell'acclamata cantante di Harlem) alla crème di musicisti blues e R&B che collaborano puntualmente con lei. Negli ultimi anni, Shemekia Copeland ha avuto modo di esprimere tutto il suo potenziale in album come Outskirts Of Love (2015) e America's Child (2018), perfezionando la sua tecnica a contatto con musicisti di straordinario valore (John Prine, Emmylou Harris solo per citarne alcuni).
SHEMEKIA COPELAND
Photo credit: la copertina dell’album Uncivil War di Shemekia Copeland
SHEMEKIA COPELAND
Photo credit: la copertina dell’album Uncivil War di Shemekia Copeland
E anche per il suo recente disco Uncivil War, si circonda di illustri ospiti d'onore: registrato a Nashville e prodotto dall'esperto chitarrista Will Kimbrough (nonché coautore di quasi tutti i brani insieme al paroliere John Hahn), l’album vede la partecipazione di: Webb Wilder, Duane Eddy, Steve Cropper, Jerry Douglas, Christone “Kingfish” Ingram, Sam Bush e Jason Isbell.
Ed è proprio quest'ultimo a rendere compatto e diretto il brano d'apertura Clotilda's On Fire: la sua dirompente e selvaggia chitarra accompagna la bruciante voce della Copeland, intenta a descrivere gli orrori della schiavitù in un viaggio in nave dall'Africa verso gli Stati Confederati d'America.
Tocca invece a Jerry Douglas arricchire con la lap steel il gospel blues di Walk Until I Ride, dove risulta impossibile non cogliere un forte richiamo a The Staples Singers quando sul finale Shemekia Copeland si lascia andare in un call and response degno della migliore Mavis Staples.
La title track Uncivil War oltre ad essere una delle canzoni più riuscite del progetto è anche quella che si discosta maggiormente come sonorità dal resto dei brani: sostanzialmente è un brano folk acustico, dove svetta su tutto la lucentezza del mandolino di Sam Bush e il limpido coro di The Orphan Brigade a sostenere il canto (in questo caso più delicato) della cantante statunitense.

Su tutta un'altra lunghezza d'onda troviamo Money Makes You Ugly, un energico rock-blues dettato dai fiammeggianti assoli della chitarra di Christone Ingram, supportata dalla potente sezione ritmica di Lex Price al basso e Pete Abbott alla batteria. Mentre in Dirty Saint i suoni e la cadenza nel cantato richiamano New Orleans e la paludosa Louisiana, la cover degli Stones Under My Thumb viene destrutturata in un ruvido hill country blues nel quale Will Kimbrough si diverte a suonare la sua distorta sei corde, proprio come avrebbe fatto l'altro Kimbrough (Junior).
C'é anche spazio per un brano con sfumature rock and roll: She Don't Wear Pink è infatti influenzato dal suono di Webb Wilder e dal leggendario Duane Eddy che nonostante l'eta avanzata (classe 1938) sembra non aver perso quel magico tocco chitarristico, rendendo ancora inconfondibile il suo twangy sound. La migliore performance della Copeland è rappresentata dalla sublime ballata blues In The Dark: la sua voce potente colpisce in profondità con un timbro vigoroso e per completare al meglio l'opera, in suo aiuto arriva la micidiale chitarra blues di Steve Cropper. No Heart At Hall, Apple Pie And A.45 e Give God The Blues (quest'ultimo con forti sfumature alla Robben Ford) sono tre brani di puro rock-blues sempre con la voce di Shemekia Copeland in primo piano pronta a intervallarsi con gli assoli di Kimbrough.
Chiude il disco il piacevole R&B di Love Song, una canzone scritta dal padre di Shemekia, il cantante di Texas blues Johnny Clyde Copeland.
L’artista di Harlem continua senza sosta il suo viaggio musicale esplorando gli States attraverso il suo magnifico blues, cantando divinamente, con testi audaci che trattano aspetti purtroppo sempre attuali come la violenza armata, il cambiamento climatico, il razzismo e gli abusi domestici.
Un'altra voce pronta a farsi sentire, per dare il proprio contributo in favore di un cambiamento, utilizzando una pura forma d'arte come la musica, quella autentica e della quale avremo sempre bisogno.
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