HOLY MOTORS

Horse
(Wharf Cat Records)

7/10 27.11.2020   |   Alberto Albertini
HOLY MOTORSHOLY MOTORS
HOLY MOTORSHOLY MOTORS
Nonostante Holy Motors provengano dall'Estonia, nei loro testi risulta immediatamente palese una connessione con racconti legati alle terre di confine del vecchio West, difficilmente accostabili a un gruppo musicale Baltico. D'altro canto, l'immagine scelta come artwork del loro secondo disco Horse non fa altro che confermare questo fatto, diventando un evidente segno premonitore del loro sound. Infatti, la copertina ritrae la cantante Eliann Tulve in sella a un cavallo, vestita da cowgirl, mentre dietro di lei un grosso telo crea uno sfondo artefatto, raffigurante uno scenario alla Paris, Texas dalle sconfinate pianure desertiche. Un gesto significativo a voler evidenziare il fatto dell'importanza assunta dalla musica in quanto linguaggio universale, a tal punto che anche un gruppo estone può riuscire a condurti attraverso un viaggio musicale di sonorità western, chitarre twang e malinconici cowboy.
Musicalmente parlando, il quartetto di Tallinn risulta essere in perfetta sintonia con la copertina, nello specifico creando composizioni che profumano di dream-pop e shoegaze dalle intense sfumature country psichedeliche, con un inevitabile richiamo (quando la voce delicata e sognante di Eliann si avvicina alle sonorità di Hope Sandoval) ai Mazzy Star.
HOLY MOTORS
Photo credit: la copertina dell’album Horse
HOLY MOTORS
Photo credit: la copertina dell’album Horse
Tutto il disco si ascolta piacevolmente, agevolato da una scrittura molto fluida, con richiami vintage propiziati dalle chitarre riverberate di Lauri Raus e Gert Gutmann, accompagnate dalla batteria sempre composta ed equilibrata di Caspar Salo.
Risulta quindi difficile non perdersi nell'immaginifica Midnight Cowboy o nelle idilliache sonorità di Matador e Come On, Slowly, nelle quali, durante l'ascolto, l'unico desiderio è quello di lasciarsi abbandonare in un ballo libero sotto le stelle, nelle aride pianure desertiche dell'Arizona.
Funzionale e ben costruito è anche l'azzeccato duetto di Eliann con il cantante Craig Dyer della formazione The Underground Youth: nell'acustica Road Stars il loro connubio di voci rende ancora più appetitoso l'album, proprio grazie a questo brano delicato ed estremamente godibile. Le ipnotiche Trouble e Country Church spingono nella direzione di un shoegaze western, mentre Life Valley (So Many Miles Away) è inzuppata di acido lisergico, finendo per diventare una guida mistica sotto allucinazioni, con vibranti assoli di chitarra a indicarne il percorso.
Se dovessimo però eleggere una canzone simbolo dell’intera raccolta, la papabile vincitrice potrebbe essere Endless Night, un dream-pop notturno che esprime una perfetta sintesi del sound targato Holy Motors, un incalzante riverbero twang a sostegno del canto visionario della Tulve, impreziosito da un ritornello melodico di estrema bellezza che funziona a meraviglia.
Presa sotto l'ala protettrice del carismatico guru della neo-psichedelia Anton Newcombe (il leader di The Brian Jonestown Massacre), la band Holy Motors è riuscita a catalizzare la sua attenzione, fino al punto di dividere il palco con lui. Un altro motivo non trascurabile per salire in sella e iniziare a cavalcare, perdendosi attraverso i magici scenari onirici di Horse.

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